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Comunicato Stampa

Le api sentinelle dell’aria che respiriamo

La natura ha già in sé gli strumenti per poter verificare e monitorare la qualità dell’aria. Le api possono dirci come e cosa respiriamo nelle nostre città. L’apicoltura urbana è già una realtà da anni in molte città del mondo, pensiamo a metropoli come Berlino, Londra, Parigi, New York, Copenaghen, Tokyo e molte altre. Qui arnie e apiari permettono di misurare il livello di inquinamento atmosferico.

FotoIl biomonitoraggio è un metodo che permette di controllare la qualità ambientale di un ecosistema osservando il comportamento degli organismi viventi che vi vengono introdotti.

Si scelgono le api come insetti bioindicatori perché sono capaci di rendere l’alveare una vera centralina ambientale. Le api, infatti, replicano lo stesso tipo di comportamento ogni giorno: si allontanano dall’arnia per compiere voli di perlustrazione, poi rientrano trasportando (nella peluria e sulle ali) tutte le preziose informazioni raccolte sull’ambiente esplorato.

Hanno il corpo ricoperto di peli e grazie a ciò le microparticelle ambientali si attaccano al loro corpo, riportando all’interno dell’alveare materiali esterni presenti nell’ambiente che permettono di capire le principali cause di una moria elevata all’interno di un alveare; inoltre, sono particolarmente sensibili a tutte le sostanze presenti nell’aria, soprattutto durante la fioritura, e in presenza di sostanze inquinanti o abbandonano il nido cercando un altro alveare oppure muoiono; inoltre, si riproducono molto velocemente e hanno una vita relativamente corta e ciò consente il ricircolo all’interno dell’alveare e di conseguenza un’analisi sempre aggiornata delle sostanze presenti. Infine, sono dotate di un ampio raggio di volo e di un’alta mobilità e questo consente di monitorare un’ampia zona.

QUELLO CHE LE API CI DICONO: sull'Autosole c'è un enorme quantità di particolato, ma non è dovuto a tubi di scappamento o motori, ma all'usura delle pastiglie dei freni. E ancora: anche vicino a industrie e inceneritori ci sono polveri sottili e PM, ma non sono legate come indica l'immaginario collettivo ai "camini", bensì spesso a banali processi di lavoro, dai trasporti alle operazioni di carico e scarico.

Ci dicono ogni cosa, le api, raccontandoci non solo quanto è inquinato un determinato luogo, ma perfino, grazie a una visione nel dettaglio, con quale strategia potrebbe migliorare la qualità dell'aria. Le api e gli impollinatori sono come panni "cattura-polvere", capaci di compiere mille viaggi dal fiore all'alveare e in ogni spostamento e attività catturano polveri. Si riempiono di PM10, ma anche di PM2.5 e polveri ancor più minuscole, come i PM1 o i PM0.1. Ogni polvere ha una sua composizione, in grado di informarci in sostanza da dove proviene o come viene prodotta. Studiare le api, significa dunque comprendere le nostre fonti di inquinamento.

Su questo, da diversi anni l'Università Cattolica di Piacenza sta facendo un lavoro unico al mondo. Dalle prime pubblicazioni del 2015 ad oggi gli esperti della facoltà di Scienze agrarie, ambientali e alimentari hanno raccolto una serie di importantissimi risultati che riguardano il biomonitoraggio attraverso le api.

Grazie all'analisi degli insetti presenti in alveari vicini a centri industriali, inceneritori, autostrade o zone trafficate, gli scienziati "ascoltano" quello che le api hanno da dirci.

"Ci parlano - spiega l'entomologa Ilaria Negri dell'Università Cattolica di Piacenza, alla guida di questi progetti - e ci raccontano quanto è inquinato un determinato ambiente, perché grazie a microscopi elettronici e scansioni con la sonda a raggi X possiamo esaminare tutte le polveri che si accumulano sulle api e classificarle per morfologia, dimensioni e composizione chimica: in sostanza, capire da dove provengono e se sono legate ad attività umane o meno".

Gli impollinatori infatti, animali che come larga parte degli insetti fra perdita di habitat biodiversità e crisi climatica stanno soffrendo come mai prima d'ora, non sono solo alla base degli equilibri naturali, oltre che preziosissimi amici che ci offrono - dal miele alla cosmetica - tantissimi prodotti che consumiamo, ma sono vere e proprie sentinelle dell'inquinamento.

Trasportano polveri, minerali, informazioni. Quando si spostano,durante le loro attività per centinaia di metri attorno all'alveare, le operaie oltre al polline e al nettare raccolgono polveri atmosferiche, le stesse che mettono a rischio la salute umana o che tentiamo di combattere, quando superano le soglie d'allarme, per esempio con i blocchi del traffico.

"Sono evolutivamente adattate per catturare il polline, ma facendolo attraggono anche altro, si sporcano di tanto particolato inorganico ed è quello che noi poi analizziamo. Studiandolo possiamo capire ogni cosa, dalla presenza di metalli pesanti a quella di minerali, sino a comprendere se sono composti prodotti da attività umana e quanto queste attività contribuiscono ad inquinare".

I risultati degli studi dell'Università Cattolica di Piacenza non solo raccontano il ruolo delle api, ma suggeriscono anche specifiche azioni preventive e correttive che possano minimizzare le emissioni del particolato e l’impatto delle polveri inquinanti sull’ambiente.

Studiare le polveri sottili grazie all'analisi di quelle presenti sulle api, potrebbe perfino migliorare le strategie di sostenibilità in chiave di mobilità. Nella corsa ai nuovi modelli di auto come le elettriche o a idrogeno, per esempio, bisognerebbe "tener conto anche del peso e del carico sulle pastiglie dei freni, pensando sempre di più a quelle magnetiche rispetto alle classiche. Infatti è stato impressionante scoprire, come ci raccontino le api di alveari vicini all'A1, come le polveri ultrafini dell'autostrada che attraversa l'Italia siano soprattutto dovute all'usura delle pastiglie dei freni e non ad altro. Ecco, anche in questo caso, le api ci indicano un qualcosa che potremmo migliorare in futuro" (da Repubblica, 10/11/2020).

Fonte: https://www.georgofili.info/contenuti/risultato/15380



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