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Petro è tornato a casa. Domani altri soldati torneranno

Kiev- diario di guerra. Petro è tornato a casa. Viene preso e portato lì accanto, dove è stata già scavata la fossa. Quella bara è leggera, visto che del giovane sono rimasti solo un moncone di gamba, la stessa che ha permesso l'identificazione, per una placca di metallo, residuo di un vecchio incidente. Petro è tornato lasciando un segno tangibile del suo brevissimo passaggio sulla terra. Domani altri soldati torneranno a casa e altre bandiere sventoleranno nei cimiteri ucraini. Amen.

PixabayPetro è tornato. Lo chiameremo Petro, ma potrebbe essere Igor, Pavlo, Adrian, questo giovane soldato ucraino in missione nel Dombass, sposato alcuni mesi fa, già in piena guerra con una giovane coetanea. Petro in questi anni inclementi in cui difendere la propria bandiera, le proprie radici, la propria libertà, pare quasi un reato, è rientrato a casa ed è stato sepolto con gli onori militari, nel cimitero, sempre più infinito, pieno di croci e di buche nel terreno fatte di fresco, spalmate di neve e ghiaccio.

Assisto a questa cerimonia nella cappella del cimitero. La giornata è funesta, mentre dal cielo cade nevischio. Il freddo e il dolore fanno da padroni in questo ambiente. Persino le bandiere gialloblu, poste come a vegliare il sonno dei caduti, sono indurite dal gelo. Non riescono nemmeno a sventolare.

La squadra dei militi vestiti in mimetica, porta sulle spalle il feretro del giovane avvolto nella bandiera. Il passo è accompagnato dal ritmo del tamburo. Una tromba intona il "Silenzio" e poi i colpi di fucile per rendere omaggio al militare dal corpo disintegrato dalla bomba (ancora non si sa se giunta dal cielo o esplosa in terra) che ha ucciso, giorni fa, anche tutta la squadra con cui viaggiava su una camionetta.

Il minuscolo corteo di civili, tra cui la giovane mamma e la giovane vedova, stanno lì. Il caporale piega il vessillo e lo consegna proprio a lei, aggiungendo brevi frasi di commiato, che chissà quante altre volte ha ripetuto in questi mesi di guerra.

Petro viene preso e portato lì accanto, dove è stata già scavata la fossa. Quella bara è leggera, visto che del giovane sono rimasti solo un moncone di gamba, la stessa che ha permesso l'identificazione, per una placca di metallo, residuo di un vecchio incidente.

In questo massacro continuo di speranze e di vita, la funzione funebre è velocissima. Petro è tornato a casa ed oggi un' altra bandiera giallo blu sventola nei campi.

Petro è tornato e già si respira il vuoto della sua assenza. Da questo momento, resterà perpetuo nei nostri ricordi. Noi invecchieremo ma lui sarà sempre il giovane coraggioso che voleva difendere la bandiera, la sua casa, la sua terra dalla violenza e dall' invasione russa.

Petro è tornato lasciando un segno tangibile del suo brevissimo passaggio sulla terra. Domani altri soldati torneranno a casa e altre bandiere sventoleranno nei cimiteri ucraini.

Restano nell'aria mille domande senza risposta, sul senso della vita, della morte, della guerra. Dall'altra parte resta il dolore delle famiglie, sempiterno, immortale. Resta una richiesta: "Cessate la barbarie" perchè se esiste un'altra vita, questo è già il nostro inferno. Amen.



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